Il mondo dell'arte piange la scomparsa di Nino Ricci

25 Aprile 2022

Addio a Nino Ricci,  artista senza tempo.

Pittore, incisore e insegnante, si è spento a 91 anni. E’ stato uno degli esponenti culturali più importanti di un intero territorio, la sua fama internazionale ha dato lustro alla città di Macerata. Il ricordo di Paola Ballesi: “Ha segnato con un marchio indelebile il nostro tempo, grazie alle sue iniziative e alle battaglie civili. Macerata è stata la sua postazione privilegiata per leggere il mondo e quando poteva portava il mondo a Macerata. Le sue battaglie civili, l’ambiente e l’urbanistica, la visione di città che aveva e che a noi qualche volta manca, davano l’esatta dimensione di una figura conosciuta a livello internazionale. Abbiamo assorbito da lui il culto della cultura come elemento non solo innovativo, ma di fratellanza. Era un animo mite che sapeva spegnere le frizioni mettendosi in una posizione terza al di là delle opposte fazioni.
Ha attraversato tante stagioni dell’arte mantenendo la sua cifra unica e irripetibile nel segno di quelle sue forme che sembrano geometriche ma che abbandonano la geometria per diventare traballanti come la nostra realtà di ogni giorno, nel nome di quegli equilibri e squilibri che caratterizzano la vita”.

Nino Ricci stato il fondatore, assieme a Paola Ballesi, al fratello Luigi e all’assessore Katiuscia Cassetta, dell’Associazione Amici di Palazzo Buonaccorsi di cui era Presidente Onorario. Gli Amici di Palazzo Buonaccorsi lo serbano nel cuore come la stella che ha guidato e continuerà a illuminare il loro percorso.

La Biografia di Nino Ricci

Articolo di Cronache Maceratesi

 

MINIMO COMMIATO

a Luigi e Valeria

Se mi ricordo, in primo luogo, delle cenette con Nino nella cucina della sua casa, in via Crispi a Macerata, quando assaporavamo certi manicaretti (sformatini al formaggio, pasticci di maccheroni e affini) lasciatigli nel frigorifero da una dome-stica che mi faceva pensare alla Adelina del commissario Montalbano, non è per il gusto narcisista dell’aneddoto, ma perché penso che la quiete familiare diffusa in quello stesso ambiente, coi pensili celestrini, il lavello e gli elettrodomestici un po’ âgées (anche Eraclito riceveva i suoi ospiti in cucina dicendo: «Ovunque sono dei e regnano»), fosse lo specchio del suo spirito, e che le piccole stanze della casa intera, messe l’una sull’altra come i balocchi di un tempo, dalla terra al cielo, coi loro mobili di pregio, le suppellettili, i centrini, i quadri e quadretti alle pareti, gli armadi e i tavoli dai cassetti colmi di matite, squadre, pastelli, bulini, carte e cartoncini, fosse-ro parte integrante della sua opera di artista, che ha un modello determinante nella miniatura.

Penso che, per sette decenni almeno, Nino abbia macinato il «secolo-belva», come dice Mandel’štam, ovvero il Novecento, in quella sua misura privata, tenen-dosi a contatto con tutto, ma di tutto prendendo quello che l’interessava, e con non pochi “no grazie”. Le sue geometrie precoci in pittura sono una duplice riduzione, da un lato dell’ambiente circostante (non c’è verso ch’io non cammini per strade e vicoli di Macerata senza vedere, in un angolo di muro, un corso di scale e ringhiere o nelle lame oblique dei tetti, i motivi dei suoi dipinti o delle sue incisioni) dall’altro del più vasto milieu culturale novecentesco, fra cubismo, futurismo, astrazione e metafisica.

Ha così esteso la lezione del maggior incisore maceratese del XX secolo, Giuseppe Mainini, del quale è stato il vero e proprio erede-continuatore in tempo reale, fa-cendo del rigore di ogni segno, trasposto anche in quello del pennello, un atto di verifica di ogni ideale poetico contemporaneo e trovando nell’opera dei poeti (da Sinisgalli a Cattafi, dalla Szymborska a De Signoribus) uno specchio e uno stimolo essenziali.

Forse la sua immagine è nel collezionista di stampe di Honoré Daumier, anche se la tuba certo non gli si addiceva, ma la curiosità nello sfogliare cartelle di disegni, incisioni e piccoli dipinti era la stessa (mi diceva di averlo fatto in alcune vecchie botteghe di Praga e Parigi dove acquistava i suoi pastelli), scoprendo così e insieme ricordando che il libro della civiltà artistica ha pagine infinite, che gli artisti vi sono e non vi sono presenti, e che, per ciascuno di essi, se è stato davvero sé stesso e ha colmato la propria misura, vale il verso di Montale: «ma il solco resti inciso. Poi nient’altro».

Roberto Cresti
Bologna, 25 aprile 2022


Video intervista realizzata nel 2014 da Matteo Antonini e Giuditta Chiaraluce


 


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